L’Olimpico non ha solo visto una partita. Ha vissuto una storia. Di quelle che ti restano appiccicate addosso, come la voce roca di Ranieri dopo il triplice fischio, come le lacrime che rigano il volto senza vergogna. Roma-Milan è finita 3-1, ma il risultato è solo il titolo: dentro, c’è un romanzo di emozioni, riscatti, addii e speranze che resistono.
Nel giorno della sua cinquecentesima panchina in Serie A, Ranieri ha tirato fuori dal cassetto la penna buona. Ha scritto un’ultima lettera d’amore al suo popolo, e il suo popolo gliel’ha restituita con un’ovazione da pelle d’oca e una coreografia da tramandare. Il gol lampo di Mancini, al 3’, ha fatto esplodere uno stadio (oltre 68mila persone ieri, record assoluto) già gonfio di nostalgia. È lui, l’ultimo capitano, a suonare la carica, proprio contro quel Milan che gli porta fortuna: tre reti in quattro partite contro i rossoneri.
Poi, come in ogni romanzo che si rispetti, arriva il momento della tensione. Gimenez si fa cacciare per una gomitata a palla lontana, ma è il Milan, paradossalmente, a prendere coraggio. La Roma si abbassa, si complica la vita da sola, e il pari di Joao Felix riporta tutto in equilibrio. Per un attimo, l’Olimpico trattiene il fiato.
Ma la ripresa è un’altra storia. È la storia di chi non vuole lasciare nulla al caso. È la storia di Leandro Paredes, tornato dal nulla e dal Boca, che spolvera il suo destro dei tempi migliori e buca Maignan con una punizione che sa di riscatto e perdono. L’urlo dell’Olimpico è quasi liberatorio. E poi c’è Cristante, l’eterno incompreso, che la chiude con una sassata da fuori e dà il via alla festa.
Difficile trovare una notte più romanista di questa: piangi, soffri, esulti, ti abbracci. E soprattutto sogni. Sogni, sì. Perché a novanta minuti dalla fine, la Roma è quinta da sola, davanti a Milan e Lazio. L’Europa League è un obiettivo reale, ma il pensiero, non più così sottovoce, va ancora alla Champions, che resta appesa a un passo falso della Juve. E forse anche alla giustizia poetica.
Mentre Ranieri saluta con la voce rotta, con gli occhi lucidi e il cuore pieno d’amore, in panchina restano Dybala, Pellegrini e Dovbyk, fuori per infortunio ma dentro con l’anima. Anche Hummels, che ha dato tanto dietro le quinte, si congeda sotto la Sud. È la notte degli addii, ma anche dei nuovi inizi.
“Sessanta anni fa stavo lì in mezzo a voi. Vi avevo chiesto aiuto e me lo avete dato. Manca solo un ultimo passo”, dice Ranieri al centro del campo. È la chiusura perfetta. Il cerchio che si completa. La Roma ora sa dove vuole andare. E lo deve anche, e soprattutto, a lui. Il sogno è ancora vivo. A una giornata dalla fine del campionato la Roma è ancora lì, a giocarsi qualcosa di incredibile.
Giallorossi.net – Andrea Fiorini
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