Alessandro Florenzi si racconta. Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l’ex calciatore ha ricordato le tappe più significative della sua carriera alla Roma. Dal gol contro il Barcellona all’addio tra le polemiche dei tifosi: ecco un passaggio delle sue dichiarazioni.
Un bambino felice e di talento. La volevano sia Lazio che Roma.
“I miei mi fecero: scegli tu, il posto in cui ti senti più a tuo agio. E appena uscito da Trigoria dissi subito: “Voglio giocare qui”. Mica pensavo che ci avrei passato quasi tutta la carriera…”.
Ha avuto due battesimi nel calcio pro’.
“L’esordio in Serie A al posto di Totti, indimenticabile. E il prestito a Crotone, che mi ha cambiato la vita. Per la prima volta vivevo da solo e per di più in una città nuova, dovevo farmi la spesa, cucinare… cose che ti fanno diventare uomo”.
Florenzi uomo dei gol belli. Segnò in rovesciata al Genoa, Totti disse: “Se ne faccio uno così, smetto”.
“Francesco può dire tutto, ha segnato reti indimenticabili, da questo punto di vista non posso manco pensare di paragonarmi a lui”.
Nel 2015 segnò in pallonetto da centrocampo al Barcellona e poi il Puskas Award andò allo sconosciuto Wendell Lira…
“Ci rimasi male, secondo me è sbagliato il regolamento. Si parla di oggettività rispetto alla competizione, però io avevo segnato in Champions e lui in Brasile nel campionato Goiano… Mi resta la gioia di aver fatto un gol che ne vale almeno due”.
Florenzi core de’ nonna.
“Nonna Aurora non era mai venuta allo stadio, il giorno prima della partita col Cagliari (21 settembre 2014, ndr) le dissi: “Se segno vengo su ad abbracciarti, non me ne frega niente”. La cosa che mi rimane ancora impressa è lo sguardo di De Rossi quando sono rientrato in campo e l’arbitro mi ammoniva. Si avvicinò e mi disse: “Hai fatto una cosa veramente incredibile. Ma se ora fai qualche cavolata e prendi un altro giallo, ti ammazzo davanti a tutti!”. Mi si gelò il sangue, quando parlava Daniele parlava uno sceriffo… Dopo la partita siamo scoppiati a ridere”.
Nei suoi anni la Roma ha sempre sfiorato la vittoria senza mai coglierla. Come mai?
“Non lo considero un demerito nostro, con Garcia e Spalletti ci siamo arrivati a un passo, eravamo attrezzatissimi. Ma ce la giocavamo con una Juve che faceva 100 punti a campionato…”.
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Non si lasciò benissimo con l’ambiente Roma.
“Ci sono state tante incomprensioni, ma non ho mai replicato a tutte le cose dette su di me. Ho sempre voluto far parlare il campo portando rispetto alla maglia: l’ho sudata fino all’ultima goccia, e su questo nessuno potrà mai dire niente. Ci tengo a dire che non ho mai litigato con nessuno, e quando incontro i tifosi mi ricordano con affetto”.
I cinque più forti con cui ha giocato?
“Totti, Ibrahimovic, Neymar, Mbappé e Di Maria. Io sto in panchina e applaudo”.
Il più matto?
“In senso buono Nainggolan, lui vale per cinque. Vive in maniera incredibile, sempre al massimo. Uno fuori dal campo può fare quello che vuole, l’importante poi è quello che fa dentro. E lui lo vedevi con quella grinta, quella ferocia, quella voglia di aiutare i compagni… Ecco, se devo andare in battaglia mi porto Radja”.
Quello che vestiva peggio?
“Io, poi sono migliorato. Anzi, peggio di me c’era Manolas: me lo ricordo con una tracolla nera…”.
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Fonte: Gazzetta dello Sport
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