Alla fine, l’immagine che resta allo Zini è semplice: una Roma che soffre, una Roma che sbuffa, una Roma che lotta. E poi una Roma che prende fiato, cambia marcia, e si lascia dietro tutto. Anche la Cremonese, piegata 3-1 in una partita che, per intensità e maturità, somiglia terribilmente a quelle che vincono le squadre forti. Quelle da vetta. Quelle che non vogliono più scendere.
La capolista — perché è questo che oggi è, senza più imbarazzo — ha vinto in emergenza totale, senza Dybala, senza Dovbyk, senza Bailey. E senza Hermoso. Eppure ha vinto. Di più: ha dominato alla distanza, esattamente come fanno le squadre sane. Perché sì, la Roma sta bene: fisicamente, tecnicamente, mentalmente. Corre più degli altri, corre meglio degli altri, e soprattutto sa quando colpire.
Per larghi tratti, lo Zini ha messo sul tavolo tensioni e insidie: dal palo di Vandeputte al rigore farsesco di Ayroldi, poi revocato dal VAR, passando per l’espulsione esagerata di Gasperini, che poi si trasforma in ultrà dalle tribune dello Zini. E proprio lì, nel caos, è uscita la Roma nuova: quella che non si sfalda, che non si immalinconisce, che non si aggrappa a un singolo fuoriclasse per rimanere in piedi. La Roma che tiene botta.
Il gol di Soulé è la scintilla che accende tutto, certo. Ma la partita la cambiano il coraggio e la qualità con cui Gasperini ridisegna la squadra, sia nell’undici iniziale che con i cambi a partita in corso. La mossa Baldanzi falso nove, per esempio: scelta audace, rischiosa, quasi provocatoria. Ma azzeccatissima. Il ragazzo non segna, vero, però manda in tilt la Cremonese togliendo punti di riferimento, cucendo gioco, aprendo spazi. E dietro di lui, una squadra che ha imparato a muoversi da gruppo vero.
Poi la ripresa, dove ormai lo spartito è noto: accelerazione, travolgimento, KO tecnico. Ferguson — finalmente — e Wesley chiudono il cerchio. Due gol da Roma che sta crescendo. Che non ha più paura di sbagliare. La Roma che Gasperini voleva vedere e che, fino a un mese fa, era solo un abbozzo. Oggi invece la squadra crea, verticalizza, allunga gli avversari. E li punisce.
Ed è questo, forse, il dato più interessante: quella posizione in classifica non è più un capriccio del calendario. Non è un incidente statistico. È un segnale. Un segnale forte. Perché quando vinci partite così — sporche, complicate e vibranti — vuol dire che hai fatto il salto. Vuol dire che ci credi davvero. E che, al di là del derby di Milano, tu vuoi restare lì sopra. E vuoi farlo da solo.
La Roma finalmente ha fame. Ha quell’appetito di chi capisce che questo sogno non è più un miraggio, e che ogni domenica può aggiungere un pezzo. Oggi lo Zini ha certificato una cosa semplice: la Roma è capolista, e ora si comporta da capolista. Non vuole fermarsi. E, a giudicare dal passo, non sembra nemmeno che ne abbia l’intenzione.
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Giallorossi.net – Andrea Fiorini
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