Alla fine ha scelto il cuore. Claudio Ranieri ha detto no alla panchina della Nazionale per rimanere alla Roma nel ruolo di consulente dei Friedkin. Una decisione arrivata al termine di giorni intensi, fatti di riflessioni, dubbi e pressioni incrociate tra Figc, Trigoria e la volontà personale del tecnico romano.
Il momento cruciale arriva mentre Italia-Moldova volge al termine: l’avvocato Viglione, emissario federale, riceve un WhatsApp secco quanto definitivo. Quattro parole: “Non me la sento”. Panico in tribuna, Gravina tenta un’ultima chiamata. Nulla da fare: Ranieri ha già deciso. Un ripensamento? Impossibile. Il legame con la Roma è troppo forte. E, ancora una volta, vince su tutto.
Dietro le quinte: lo stop dei Friedkin
Ranieri era partito con entusiasmo. Per lui la Nazionale sarebbe stata la ciliegina sulla torta di una carriera leggendaria. Ma i paletti imposti dal doppio incarico – CT dell’Italia e consulente della Roma – hanno reso tutto più complicato. I Friedkin non si sono opposti apertamente, ma hanno fatto capire chiaramente che, accettando l’Italia, Ranieri avrebbe perso centralità nel progetto giallorosso. Il contratto che lo lega al club fino al 2027 è pesante, non solo economicamente ma soprattutto per l’influenza interna che gli è stata riconosciuta.
Il rischio, per la Roma, era ritrovarsi un Ranieri dimezzato. Una figura simbolica, ma non più operativa. E questo Dan e Ryan non lo hanno ritenuto accettabile. Così, con fermezza ma rispetto, gli hanno fatto capire che una scelta andava fatta. E Claudio, come sempre, ha scelto Roma. Perché se il Cagliari è la mamma e la Nazionale sarebbe stato l’onore supremo, la Roma – come ha sempre detto lui – è la moglie. E alla moglie non si volta le spalle.
Fonti: Gazzetta dello Sport / La Repubblica
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